I
contributi di Legambiente Versilia
La
zona umida di Massaciuccoli si estende per circa 2500 ha nell’area
costiera compresa tra la foce del fiume Serchio a sud e quella del
Canale Burlamacca a nord (Toscana nord occidentale). Comprende un
lago stagno (700 ha) e una vasta area di vegetazione palustre (1350
ha), intersecata da canali e specchi d’acqua le cui acque hanno
profondità variabili, da poche decine di cm (nei cosiddetti
“chiari”) a oltre 22 m (nelle ex cave di sabbia). Le aree
pianeggianti che circondano tale comprensorio si trovano ormai a
quote molto al disotto del livello del mare, causa gli effetti della
subsidenza dovuta alla bonifica idraulica iniziata circa 90 anni fa.
L’importanza del bacino di Massaciuccoli, zona umida Ramsar dal
2017, è dovuta a una concomitanza di fattori rilevanti sotto il
profilo paesaggistico ed ecologico, nonché storico-culturale. Il
territorio del bacino ricade nelle province di Lucca (comuni di
Massarosa e Viareggio) e Pisa (comune di Vecchiano). Le principali
cause degli effetti che nel corso dei decenni hanno modificato
l’equilibrio ecologico della zona umida e la qualità delle acque
sono da ricercare nei consistenti apporti di sedimenti e nutrienti
provenienti dall’agricoltura delle aree soggette a bonifica
idraulica, nelle attività di estrazione della sabbia protrattesi
fino agli anni ‘90, negli scarichi diffusi di natura urbana e
industriale, in un problematico disequilibrio tra ingressione e
intrappolamento delle acque salate e apporti di acque dolci.
A
partire dall’autunno 2017, il Circolo versiliese ha partecipato al
Percorso attivato dal
Comune di Massarosa nell’ambito del progetto RETRalaGs1,
per la costruzione di un “Contratto di Lago per il Massaciuccoli”,
che ha coinvolto soggetti istituzionali, associazioni, comunità
locali, imprese e singoli cittadini. I rappresentanti del Circolo
versiliese hanno assiduamente partecipato ai dibattiti e contribuito
alla realizzazione dell’Abaco delle azioni con proposte progettuali
riguardanti:
-
Presidio fisso per il controllo dell’ingressione marina: l’incremento dei livelli di salinità dell’intera zona umida è dovuto all’ingressione di acque marine dal canale Burlamacca, unico emissario naturale dell’area, e dal loro intrappolamento sul fondo delle ex cave di sabbia. Per contrastare tale fenomeno furono realizzate in passato barriere costituite da cateratte a bilico (porte vinciane) e recentemente dalla attivazione di una barriera mobile gonfiabile sommersa. La loro gestione è affidata a una cooperativa di servizi, sotto la supervisione della Autorità di Bacino. E’ parere del Circolo che al fine di gestire con la massima efficienza tali barriere occorra ripristinare la casa di guardianaggio per garantire un presidio fisso in grado di fermare i flussi in entrata di acqua marina e regolare quelli in uscita di acqua dolce. L’attività dovrebbe essere svolta sulla base di una procedura gestionale concordata con l’Ente preposto alla gestione delle barriere, prevedere la tenuta di un registro di apertura e chiusura delle barriere e di transito delle imbarcazioni, del rilevamento di eventuali parametri di controllo della salinità, ecc..
-
Controllo e eradicazione delle specie aliene: ad eccezione del ben noto gambero della Louisiana (Procambarus clarkii), introdotto nell’area nei primi anni ’90, la maggior parte delle altre specie aliene appartengono alla fauna ittica e, paradossalmente, la loro presenza è divenuta in alcuni casi motivo di attrazione per l’attività alieutica, come, ad es., il persico trota (Micropterus salmoides). Le varie specie si sono inserite nella rete trofica della zona umida senza un apparente impatto sul sistema complessivo, come nel recente caso del siluro (Silurus glanis). Nella piena consapevolezza che la lotta alle specie esotiche comporta seri problemi di ordine tecnico, sociale e finanziario, si ritiene indispensabile iniziare dal tentativo di eradicazione delle specie più invasive (es. siluro) e proseguire con un controllo sistematico delle altre specie. Per le azioni principali previste dal progetto è previsto il coinvolgimento della pesca professionale e sportiva, fino a oggi condizionate dalla presenza di tossine algali (micro cistina) che ne impediscono un regolare svolgimento.
-
Recupero aree soggette a subsidenza/abbattimento nutrienti e trasporto sedimenti: ampie zone della bonifica, per il fenomeno della subsidenza, hanno raggiunto quote anche superiori ai 3 m sotto il livello del mare. Tale inaspettato abbassamento ha raggiunto livelli ormai insostenibili, economicamente e ambientalmente, per l’azione delle idrovore e evidenziando chiaramente la perdita di funzionalità della bonifica. La realizzazione di una vasta zona umida filtro, concepita sulla base di sperimentazioni già effettuate, a copertura delle zone di bonifica che sono ormai al limite di sfruttamento e la riconversione delle pratiche agricole su tipologie che consentano il riallagamento di tali zone, potrebbero contrastare l’ulteriore incremento della subsidenza, dando nel contempo un forte contributo al miglioramento della qualità delle acque del comprensorio lacustre, palustre e anche marino costiero.
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Reintroduzione della lontra (Lutra lutra): nel bacino del Massaciuccoli le ultime segnalazioni della specie risalgono alla fine degli anni ’70 (Cenni, 1984). Le cause della sua scomparsa vanno ricercate nella caccia, nella pesca, nelle modificazioni dell’ambiente lacuo-palustre e nell’inquinamento. Sebbene la reintroduzione della lontra non sia considerata un’azione prioritaria per gli aspetti conservativi della specie, la sua presenza consentirebbe una ulteriore valorizzazione della zona umida del Massaciuccoli. Trattandosi di una specie ombrello, la lontra contribuirebbe a ripristinare l’equilibrio delle biocenosi palustri e a mantenere la biodiversità locale, controllando la diffusione delle specie aliene e di quelle in esubero.
-
Ripristino della funzionalità delle cave residuo dell’attività di escavazione delle sabbie/controllo del fenomeno interrimento lacustre e della salinità diffusa: l’attività di escavazione della sabbia silicea protrattasi per decenni nell’area palustre, ha avuto come principale effetto quello di distruggere ampie superfici di vegetazione palustre, lasciando nelle aree interessate specchi d’acqua a profondità variabili da 10 fino a 25 m. Nella maggior parte di questi invasi sono presenti, sul fondo, acque salate dovute all’ingressione marina. La conseguenza di questo fenomeno, fa sì che le acque negli invasi non circolano secondo modelli tipici dei laghi ma restano confinate sul fondo a causa della maggiore densità. Questo isolamento comporta l’innesco di processi anaerobici, che ostacolano lo sviluppo di forme di vita vegetale e animale. La presenza di acqua salata sul fondo delle cave inoltre ha contribuito nel tempo ad accrescere i livelli di salinità dell’intero comprensorio, per gli scambi ionici che avvengo nell’interfaccia (aloclino) tra lo strato superficiale e quello profondo, e costituisce una minaccia per l’integrità dell’acquifero dolce della duna costiera (Macchia Lucchese). La profondità delle acque, superando valori compatibili con la capacità di immersione dell’avifauna acquatica, non ne favorisce la sosta e il pascolo. In sintesi si rileva una consistente riduzione della funzionalità della zona palustre occupata dalle cave, la cui superficie si aggira complessivamente intorno ai 260 ha. D’altro canto si assiste ormai da anni al fenomeno dell’interrimento dello specchio lacustre incrementato dall’apporto dei sedimenti erosi dalle terre dilavate dalle acque e in esso veicolati per caduta o per sollevamento meccanico, accelerando il lento processo di trasformazione a cui naturalmente andrebbe incontro la zona umida. L’idea progettuale è quella di estrarre una quota di questi sedimenti, per riportare il fondo degli invasi fino a profondità di 2-3 m, congrue per lo sviluppo della vegetazione acquatica, per la fruibilità da parte degli uccelli, per la vita dei pesci e delle altre comunità acquatiche.
Le
azioni proposte dal Circolo versiliese sono state integrate con
quelle di altri portatori di interessi, tra cui altri circoli locali
di associazioni, come Lipu, Amici della Terra, WWF, ecc., che avevano
proposte analoghe o affini o comunque non contrastanti, per la
realizzazione dell’abaco delle azioni. Sebbene non si possa parlare
di vere e proprie vertenze, durante il percorso partecipativo non
sempre la posizione del circolo è stata concorde con altre azioni
proposte. Una di queste prevedeva di tutelare alcune specie esotiche
per fini alieutici. Tale azione sarebbe in stridente contrasto con
l’obbiettivo di ripristinare la biodiversità autoctona dell’area
e quindi con l’azione proposta dal Circolo, che è mirata al
controllo e alla possibile eradicazione di specie aliene.
Una
seconda azione prevede di risolvere il problema della siccità che
incombe sull’agricoltura e, di conseguenza dell’ecosistema
lacustre da cui viene sottratta acqua, attivando una derivazione dal
vicino fiume Serchio, il cosiddetto tubo.one.5 che dovrebbe prelevare
1,5 m3/sec,
peraltro nel periodo estivo. In questo caso si contravverrebbe al
sano principio che impedisce il trasloco di acque da un bacino
all’altro, penalizzando quello derivato, che si vedrebbe sottratta
acqua senza alcun reintegro, e creando problemi di varia natura al
ricevente (es. introduzione di specie aliene, nutrienti, altri
inquinanti, ecc.), senza, peraltro. La sicurezza di veri benefici.
L’idea nasce da una rivisitazione del progetto “tubone” che fu
concepito nel 2004 dall’Autorità di Bacino del Serchio. Dopo oltre
dieci anni dalla delibera che adottava tale progetto, ormai in fase
esecutiva, il Consiglio regionale toscano approva una mozione (12
aprile 2017, n.
741) con cui solleva
perplessità e impegna la Giunta ad effettuare valutazioni “in
merito all’attuale valore tecnico-scientifico del progetto a fronte
di soluzioni alternative da condividere con tutti i soggetti
coinvolti e miranti la salvaguardia del bacino del Lago di
Massaciuccoli”. Pur
prendendo atto di tale mozione la Giunta, in accordo con Ministero
dell’Ambiente e Autorità di Bacino distrettuale, approva un nuovo
accordo di programma (del. N. 638 del 11/06/2018) in cui si prevede
la realizzazione di una derivazione meno costosa e impattante,
ridotta a 1,5 m3/sec.
La posizione del circolo è critica anche nei confronti di questa
scelta e tende a privilegiare strategie che mirino a risparmio idrico
e al recupero, come ad esempio quella di incrementare l’affinamento
degli impianti che trattano acque reflue sottratte al bacino del lago
per potergliele restituire prive di inquinanti e di nutrienti. Il
concetto del “tubone” si basa sul presupposto che in Serchio ci
sia sempre acqua disponibile per mitigare gli effetti della siccità
che colpissero la zona umida (durante l’inverno il problema è
inverso, tanto che sono state realizzate idrovore supplementari per
pompare acqua in mare). In uno scenario, non del tutto improbabile,
in cui la siccità colpisca alche tale corpo idrico e che nemmeno le
riserve rappresentate dalle dighe disseminate sul suo bacino possano
provvedere a tale carenza, che ce ne faremo di una infrastruttura
costata quasi dieci milioni di euro? Oggi, finalmente, anche la EEA
(European Environmental Agency) sta diffondendo istruzioni sulla
necessità di riappropriarsi del valore naturale delle pianure
(https://www.eea.europa.eu/themes/water/european-waters/why-should-we-care-about-floodplains),
basati su concetti di riallagamento anche temporaneo per smorzare gli
effetti dei cambiamenti climatici. Tale strategia avrebbe senz’altro
un costo minore e più facilmente ammortizzabile rispetto ad un
sistema artificiale, rigido e idrodipendente
Altro
conflitto da evidenziare è quello sorto, unanimemente con il Forum
del contratto di lago che si è costituito tra i portatori di
interessi alla fine del processo partecipativo, nei confronti della
cosiddetta “cabina di regia”, meglio identificabile come Gruppo
di Coordinamento del contratto di Lago, rappresentata invece
esclusivamente dagli Enti territorialmente competenti (Regione,
Comuni, AdB, Consorzio di Bonifica, Università). La strategia
adottata da tale Gruppo è stata inizialmente quella di inserire
nelle prime azioni prioritarie del Contratto anche progetti che poco
hanno a che fare con le finalità del contratto di lago, non
presentati nell’ambito del processo partecipativo, abbracciando una
visione a breve termine, tutt’altro che strategica. Con un atto
elaborato all’interno del Forum, coerente con le procedure del
processo partecipativo, sono stati invitati i componenti del Gruppo a
cambiare strategia, passando a comportamenti basati su visioni a
medio e lungo termine che soprattutto centrassero gli obbiettivi
principali scaturiti dal processo partecipativo stesso, tra cui
quello di contrastare il fenomeno della subsidenza, che invece non
compariva affatto nelle azioni prioritarie. La posizione del Forum,
di cui il Circolo fa parte, ha contribuito a far riconsiderare le
strategie anche se, almeno allo stato attuale, restano ancora
conflitti da superare.
1
Rete
TRAnsfrontaliera delle LAGune, dei laghi e degli Stagni, finanziato
nell’ambito del P.O. Italia Francia Marittimo 2014-2020.
Per ulteriori informazioni www.retralags.eu
Per ulteriori informazioni www.retralags.eu
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